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FAIS: Preoccupazione per i contenuti dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di politiche in favore delle persone anziane

Comunicato del 5 febbraio 2024

La FAIS – Federazione Associazioni Incontinenti e Stomizzati – a cui aderiscono 50 associazioni regionali, provinciali e territoriali distribuite nelle diverse regioni del nostro paese, è una delle 60 organizzazioni che aderiscono al Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza.

Associandosi alle altre organizzazioni del Patto, anche FAIS esprime la sua più viva preoccupazione in merito ai contenuti dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di politiche in favore delle persone anziane, in attuazione della delega di cui agli art. 3, 4 e 5 della Legge 23 marzo 2023, n.33 della riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti presentato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 25 gennaio.

Si tratta di un atto decisivo per 10 milioni di persone: i 3,8 milioni di anziani coinvolti, i familiari che li assistono e chi lo fa professionalmente.

Anche FAIS ha seguito la riforma sin dall’inizio e ha salutato con favore l’impatto innovativo contenuto nella legge delega (Legge 33/2023).

Oggi, a pochi giorni dall’approvazione dello schema di decreto legislativo e a seguito di una sua attenta lettura, pur apprezzando l’attenzione riservata ad alcune rilevanti questioni, in particolare il processo di valutazione multidimensionale dell’anziano non autosufficiente, riteniamo necessario esprimere una forte preoccupazione.

Una preoccupazione derivante dal dover rilevare quanto ci sia di mancante e o che ci pare poco definito nello schema di decreto. Pur consapevoli delle evidenti necessità di maggiori risorse, ciò che maggiormente ci preoccupa riguarda il dover constatare che il decreto approvato in via preliminare non sviluppi adeguatamente il progetto che invece la legge delega prevede. Siamo convinti che per una riforma seria, prima bisogna discutere il progetto per il futuro dell’assistenza agli anziani e solo se questo è solido ha senso affrontare la questione finanziamenti.

Il decreto approvato in via preliminare, a nostro parere, non sviluppa adeguatamente il progetto che invece la legge prevede.

Per questo motivo, chiediamo che il Governo agisca per compiere una revisione del decreto perché sia in linea con le previsioni più innovative della legge-delega, a partire dai seguenti punti.

Riformare i servizi domiciliari. Dalla pandemia in poi, opinione pubblica, media e politici hanno insistito – come una sola voce – sull’imperativo di assicurare agli anziani la possibilità di continuare a vivere a casa. In Italia, però, manca un servizio domiciliare pubblico disegnato per assistere gli anziani non autosufficienti. Quelli esistenti – di Asl e Comuni – sono utili ma pensati per altre categorie di persone e ad altri fini e non tengono conto di aspetti ineludibili come, ad esempio, la durata dell’assistenza. Sul punto, lo schema di decreto rimanda a successivi provvedimenti di semplice indirizzo, mentre si dovrebbero già qui individuare alcuni criteri che siano vincolanti e che orientino il ridisegno dell’assistenza domiciliare verso la non autosufficienza.

Avviare la riqualificazione delle strutture residenziali. Seppure la priorità sia sostenere la permanenza dell’anziano a domicilio, nei casi più gravi questa non è un’opzione possibile. Se questo tema è prioritario, come è emerso durante la pandemia, ed è indispensabile, come il decreto stesso contempla, che le strutture siano luoghi accoglienti dove gli ospiti godano della miglior qualità di vita possibile, ci saremmo aspettati delle previsioni più stringenti, tanto nella definizione di tutti i criteri utili per l’accreditamento, quanto dei necessari requisiti di sicurezza e qualità. Il decreto attuativo, invece, contiene solo prime indicazioni in merito e rimanda a ulteriori provvedimenti.

Dare un futuro alla prestazione universale. Per ottenere la nuova misura – sperimentale per il 2025-2026 – sono richiesti un elevato bisogno assistenziale, un’età di almeno 80 anni, e ridotte disponibilità economiche. Viene così introdotto il principio che si può fruire dell’assistenza per la non autosufficienza solo se, oltre a trovarsi in questa condizione, si è poveri mentre attraverso il welfare è necessario sostenere anche le classi medie. Inoltre, con la prestazione vengono aggiunti 850 euro mensili all’indennità di accompagnamento – la più diffusa misura pubblica – che rimane immutata, senza affrontarne i tanti problemi. Sarebbe auspicabile che la sperimentazione prevedesse anche una revisione dell’indennità per le persone coinvolte: solo così potrà costituire un’utile base per il futuro.

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